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Il mio MBA a Parigi #3: il ritorno

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[IAP accoglie per la terza volta Elettra che, dopo essere arrivata a Parigi per un MBA, conclude il suo resoconto sulla sua esperienza...]

Sans titre

Dopo più di un anno finalmente trovo il tempo di riprendere il mio racconto.

Nel mare di post che proliferano su IAP, di sicuro non vi sarete accorti dei miei post ballerini J Ovvero per essere chiari: i due post sulla mia esperienza parigina e del mio MBA; postati in origine a fine 2011, sono stati bruscamente fatti levare, per mia richiesta e mai più (fino ad oggi) ripresi. Tutto questo è successo perché a suo tempo, udite udite, il direttore del collège mi chiese espressamente di non tenere un blog sulla mia esperienza. Temeva che potessi comunicare informazioni riservate del mio progetto in SNCF; cosa che non solo non avevo senso che facessi, ma non avevo proprio intenzione di fare! Tuttavia il ragionamento non è stato una via perseguibile di conseguenza ho richiesto a IAP di eliminare i due post e di lasciar correre il progetto.

Ora però il Master l’ho preso, son passati altri due datori di lavoro quindi non ho nessun problema a farvi un resoconto della mia esperienza parigina.

Prima di andare a sviscerarla voglio dirvi che per me è stata un’esperienza fantastica, super positiva da un punto di vista umano, professionale e culturale. Ho vissuto con una ragazza (ottima ragazza) che conoscevo a malapena in 34mq di appartamento, ho lavorato in un’altra lingua e soprattutto in un altro modo, ho viaggiato e conosciuto ragazzi: tedeschi, francesi, indiani, camerunensi (Bertrand il mio collega di scrivania ), spagnoli, americani…. E ovviamente italiani ;-)

Insomma esperienza senza dubbio positiva e che consiglio a tutti, se non facendo questo master con qualsiasi altro programma più affine ai propri desideri.

Il mio ragazzo è stato indirettamente così preso dalla mia esperienza che ha deciso di fare un master a Londra, e detto fra noi, lui era proprio uno di quelli un po’ integralisti stile “io lavoro e famiglia a Roma punto”.

Iniziamo ora con le note un pochino dolenti, quello che è successo dopo.

Io sono uscita dal Master che era stato appena eletto Hollande, giusto per intenderci, e la Francia iniziava davvero a sentire la crisi. Molti ragazzi dopo l’MBA hanno avuto difficoltà a trovare lavoro e io sono stata davvero fortunata a trovarne uno come consulente di strategia informatica presso Gartner, una multinazionale americana con sedi più o meno ovunque. In Francia SNCF mi avrebbe fatto un’offerta probabilmente a tempo determinato, ho preferito tornare in Italia dove il lavoro mi piaceva di più e il contratto, diciamolo era più vantaggioso. Il mio collega Bertrand ha vissuto attimi di tensione in quanto se non dimostrava che avrebbe lavorato dopo il Master sarebbe stato rimpatriato in Camerun (grazie mille Sarkozy). Ora quindi non sono più un’italiana a Parigi, ma un’italiana a Roma… molto più banale… Ho ricambiato lavoro (non mi fermo mai :-P ) e adesso lavoro per una start up del gruppo BNP Paribas, quindi sono tra Italia e Francia. Tutti questi miei giri mi hanno portato a fare diverse riflessioni e a capire che, nei settori industriali / servizi, l’Italia è piena di ottime persone, probabilmente anche migliori di quelle che normalmente si trovano all’estero nelle medesime posizioni, tuttavia il sistema al contorno è caotico non premia il lavoro e le intuizioni, ma spesso soffoca le persone operative. Non esiste un ciclo virtuoso che raccoglie le idee che provengono da chi tocca con mano le cose e le porta all’attenzione della dirigenza. In Italia la tendenza, almeno ripeto in ambito industriale / servizi, è quella di trasformare l’azienda nel gioco dei pochi potenti all’apice ignorando le persone che fanno parte della sua catena del valore. Questo stile funziona solo quando i “padroni” sono illuminati (vedi Ferrero, Del Vecchio di Luxottica, Farinetti di Eataly), ma quando la dirigenza manca di visione è drammatico e frustrante.

E’ questo problema che ancora oggi, pur avendo un lavoro per la mia età più che soddisfacente, e di cui davvero non posso lamentarmi, mi fa’ pensare di andare a cercare qualcosa all’estero. Nel frattempo cerco di portare il mio contributo e di dare qualche segnale di cambiamento, anche se mettersi contro una cultura che ha molti aspetti positivi e purtroppo anche di negativi è un pochino difficile. Spero che IAP mi perdoni questo post lungo e verboso, ma ho pensato che se devo raccontare ciò che ho imparato dalla mia esperienza parigina allora questa riflessione ne è la parte più importante. In ogni caso che sia all’estero o in Italia non smettete mai di credere e di combattere per i vostri sogni. Un abbraccio a tutto il popolo di IAP!!


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